Passare da prodotto borderline a quello che può chiamarsi bene di prima necessità nel giro di poco tempo, è quello che sta succedendo alla cannabis light in questo periodo di quarantena.

Che piaccia o non piaccia la cannabis, erba o marujana chiamatela come volete, rimane sempre un argomento di discussione sopratutto in questo momento dove la reperibilità del prodotto illegale è resa molto difficile.

La cannabis light legale rappresenta oggi la risoluzione del problema.

Infatti la cannabis light, che contiene meno dello 0.5% di THC, la componente psicoattiva del prodotto, è venduta, con diverse vicissitudini che la hanno accompagnata, da alcuni anni.

Ma se fino all’anno scorso si poteva annoverare come un prodotto tra i mercati di nicchia, ora sta vivendo un vero e proprio boom di richiesta.

Questo è dovuto al fatto che la cannabis vera, quella illegale, è particolarmente difficile da trovare per l’assenza degli spacciatori in strada a causa del coronavirus e dei relativi provvedimenti di controllo imposti dalla quarantena.

Ecco quindi il ricorso a quella legale, che non ha l’elemento di sballo, ma mantiene quello rilassante, e in questo periodo non è certo un dettaglio.

La cannabis light in Italia ha vissuto rari momenti di boom come in queste settimane, ma non è il solo paese.

Negli Stati Uniti, dove il consumo di cannabis è perfettamente legale in undici stati, la marijuana è stata classificata come bene di prima necessità in Alaska, Illinois, California, Nevada e Washington.

In Olanda il governo ha dovuto far riaprire i negozi di coffe shop per consentire di far acquistare il prodotto per le innumerevoli richieste pervenute.

admin Administrator
Articolo scritto dalla redazione del sito, attingendo ad informazioni prese da siti autorevoli ed affidabili.