Dopo il flash mob, svoltosi a fine aprile, organizzato dal partito di Fratelli d’Italia per contrastare le dipendenze dalla droga, alcuni imprenditori della cannabis light hanno fatto partire una diffida nei confronti di Giorgia Meloni.
Tra le proposte presentate per la lotta alle droghe, da parte del partito politico, c’è anche la chiusura dei cannabis shop.
“Accostare un’attività legale e regolamentata ad attività assolutamente illegali e in mano alle mafie non può essere intesa come espressione di libero pensiero, Si tratta affermazione in grado di cagionare un grave danno d’immagine aziendale per l’intero settore”.
Queste le dichiarazioni di Cathy La Torre, l’avvocata che segue il gruppo di imprenditori, che conferma il disagio di quest’ultimi di fronte a eventi che sembrano ripetersi e che non considerano minimamente la prospettiva che degli imprenditori hanno investito in questo settore dopo l’approvazione di una legge.
“Dal 2016 esiste una legge che disciplina la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa: dall’entrata in vigore di questo provvedimento sono nate centinaia di imprese nel settore che, a oggi, danno lavoro a circa 12mila persone con un’età media di 32 anni. Giovani imprenditori italiani impegnati nell’agricoltura, nella vendita al dettaglio, nella produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori.
Siamo in un momento storico ed economico che vede molte aziende italiane in difficoltà: parlare del nostro lavoro in questi termini non porta nessun aiuto e, anzi, blocca uno dei pochi settori che, nonostante la totale assenza di incentivi e agevolazioni, ha saputo resistere e crescere”.
Così si sono espressi i rappresentanti delle imprese di cannabis light coinvolte.