Il mercato durante quest’anno di pandemia è raddoppiato, ma i rivenditori del settore comunque si lamentano che le vendite sono state buone ma potevano essere addirittura migliori.
Infatti, come ha affermato luca Marola, fondatore di un grosso e-shop per il commercio della cannabis light, durante un intervista alle iene.it, il 2020 poteva essere l’anno d’oro della cannabis light, ma invece è stato un anno, secondo il suo giudizio, di occasioni perse.
Dichiarazioni un pò in controtendenza rispetto al giro d’affari del settore che da 150 milioni di euro di fatturato dell’anno precedente sarebbe passato a circa 300.
A supportare questa tesi ci sono comunque anche le parole dell’economista Davide Fortin, il quale afferma che i numeri potrebbero crescere ulteriormente creando oltre 30 mila posti di lavori in più se ci fosse un regolamentazione specifica e chiara del settore.
Come ad esempio nella vicina Svizzera dove, al momento, è legale acquistare, produrre e consumare prodotti derivanti dalla pianta Canapa Sativa come l’olio di CBD e la canapa light.
Questo soprattutto dovuto al fatto che il CBD, acronimo con cui ci si riferisce comunemente al cannabidiolo, è presente in quantità elevate e non presenta rischi di effetti psicotropi come invece succede con la cannabis illegale dove la fa da padrone l’altro cannabidiolo ossia il THC.
Bisogna comunque evidenziare che la legislazione Svizzera, essendo un paese extraeuropeo, prevede un approccio differente e molto più aperto verso quei prodotti derivanti dalla canapa come l’olio CBD se messi a confronto con le nostre normative europee.
Se infatti in Europa viene raccomandato agli stati nazionali di non far superare il limite dello 0,2% di THC contenuti nei prodotti CBD, nella vicina Svizzera questo limite viene alzato fino a un massimo dell’1%, quindi cinque volte superiore a quello previsto nella comunità europea.